Una stanza. Illuminata soltanto dalla luce della luna piena, penetrante da una finestra che richiamava antichi motivi gotici. Un uomo, seduto elegantemente su una poltrona,in mano un calice di cristallo finemente lavorato, offertogli dal suo servitore . Lo muove appena ed il liquido si agita, ondeggiando ipnotico, prima di finire tra le sue labbra dischiuse. Assapora la bevanda, che lenta gli scivola giù per la gola , e se ne disseta. Sentendosi , quasi subito rinfracato.
- monsieur - azzardò , servile - monsieur -
- Claude, cosa c'è?- continuò a bere, prima di spostare lo sguardo su un dipinto appeso alla parete di fronte.
Anche non guardandolo attentamente, lo conosce a menadito. Una dama, vi è raffigurata. Una donna bellissima, in abiti settecenteschi, con i capelli nero corvino acconciati in un morbido ed elegante chignon e gli occhi , che sembrano sorridere, verde muschio. Scintillanti, data la maestria del pittore a quel tempo.
L'uomo , sorridendo triste continuò a guardarla.
- Jeanne - mormora prima di mordersi le labbra fino a farle sanguinare - oh Jeanne! perchè...non ci sei più? Perchè? -
- signore - gli si inchina davanti - sono passati anni ormai...-
- credi non lo sappia, Claude!?- sbottò all'improvviso, dandosi poi un contegno.
Dopotutto, è un conte. Raffinato ed elegante, non è nella sua natura lasciarsi andare, e farsi travolgere dalle emozioni.
- credi non lo sappia, Claude? - ripetè alzandosi.
Inizia a camminare per la stanza passi lenti e passi veloci si alternano.
- pardonnez-moi monsieur -
- non preoccuparti, Claude - gli risponde e si avvicina ad una teca di vetro, sotto la quale in bella mostra vi è una collana di diamanti.
- maledetta collana! - la guarda, nonostante, ipnotizzato e rapito dalla sua bellezza - esiliati dalla nostra madrepatria, arrestati, messi al buio in una cella, processati...marchiati! - il tono della sua voce è leggermente freddo, rancoroso - tutto per questa collana!-
- monsieur, forse dovreste....dimenticare - azzardò nuovamente - sono , ormai, passati anni da allora...-
- taci! - lo guardò infastidito.
Claude rimane paralizzato, quasi, da quello sguardo, ne ha paura. Ma è normale, e lo sa. - sissignore...- risponde pentito.
Il conte lo guarda muovamente e gli ordina di lasciare la stanza.
La porta si chiude e lui rimane solo. Guarda ancora la collana, e guarda nuovamente il dipinto. Poi si lascia cadere sulla poltrona, riprendendo in mano il calice. Si disseta e pensa.
Anni. Vero, sono passati anni...e secoli. Portarsi dietro quella collana, per punirsi. Punirsi perchè lui è ancora vivo mentre Jeanne, la sua Jeanne...no.
Poi.....
" è senza dubbio il destino" disse a se stesso, più che a Claude. Guardava e rimmirava la foto di una donna, ancora un pò ragazzina. Un caso unico, e raro. Lei sorrideva, con gli stessi capelli nero corvino, gli stessi occhi neri con una punta di verde. Come se Jeanne fosse rinata in quel corpo.
Già, un caso del destino che lui avesse deciso di comprare , seppur per noia , il vecchio maniero Saint Micael diroccato nel centro del paesino.
Guardò nuovamente la foto e decise. Quella donna sarebbe stata sua, ad ogni costo!
1
Quella mattina di inizio settembre, il sole era malato. Appariva sporadicamente da dietro le nubi, che leggere e lente viaggiavano nel cielo.
L'aria fresca ma umida, memore dei temporali e della pioggia nella notte appena passata.
Una ragazza camminava a passo svelto presa dai suoi pensieri, e cercando di togliersi di dosso la sensazione di sentirsi osservata.
Voltando per un angolo, si scontrò con qualcuno e sarebbe finita per cadere, se una presa, forte e decisa per il polso non l'avesse frenata.
Alzò lo sguardo per vedere chi era. Un uomo. Slanciato e muscoloso senza esagerare, a primo acchito alto 1'90.
I capelli un pò lunghi, neri e ondulati, legati in un codino alla base della nuca, gli incorniciavano il viso.
Un viso perfetto, forse un pò troppo a parer suo; le labbra non molto sottili, sotto un naso liscio e nobile. Ma furono gli occhi a colpirla.
Erano blu acquamarina, ma scuri come il mare in tempesta.
- le chiedo scusa, mademoiselle - le sorrise appena, lasciandole poi il polso.
Lei era rimasta, un tantino imbambolata da quel sorriso - come?- chiese incredula.
- je vous demande pardon, mademoiselle - la guardò - non vedevo dove camminavo -
- oh no! Dovrei chiederle scusa...mi perdoni...ero un pò persa nei miei pensieri...-disse sperando che il suo interlocutore non udisse il battito improvvisamente accelerato del cuore - sarei caduta se non fosse stato per lei...-
- mi perdoni nuovamente, mademoiselle. Non mi sono presentato, Louis Marc Antoine De Villette - disse con un cenno del capo - con chi ho l'onore di parlare, se mi è concesso?- le porse la mano.
- Licia Manfredi , piacere -
- enchantè -posò la punta delle labbra sul dorso della mano.
A quel tocco, Licia , sentì un brivido. Piacevole.
- devo...devo andare... -ritirò gentilmente la mano - mi scusi -
- prego mademoiselle - si scostò - al prossimo incontro, allora -
Lentamente si allontanarono l'uno dall'altra.
" che occhi " pensò lei mentre camminava " ...che tipo...Mademoiselle?Enchantè...bah..." salì su un marciapiede " ma quel nome...dove l'ho sentito?" continuò a pensare ferma davanti ad un portone, prima di varcarne la soglia. " bellissimo...che occhi"
Salì almeno due rampe di scale, prima di fermarsi nuovamente davanti ad una porta, poi entrò.
- nonna , sono io....-
L'anziana donna, la guardava di sottecchi. Sua nipote era una bellissima ragazza che era appena entrata nel mondo degli adulti.
Era bella e lo ammetteva. Alta più o meno 1'70 , i capelli ondulati e sciolti sulle spalle erano nero corvino. Gli occhi, verde muschio, segno inconfondibile che aveva ereditato da lei.
Però quel mattino era un pò stranita, e seppur ancora più bella. La guardò ancora, chiedendosi come mai non riuscisse a decifrarne lo sguardo.
- tesoro mio...oggi sei diversa...- fermò l'uncinetto ancora una volta - è successo qualcosa?-
- no... solo un incontro...- divagò.
- non avrai incontrato ancora Nico?-
Nico, il ragazzo in questione , l'aveva fatta soffrire e non poco. Ogni volta che lo vedeva, il suo cuore batteva impazzito, e la sensazione di mille farfalle le riempiva lo stomaco.
Ma chissà , per quale motivo, ogni volta si rifugiava dalla nonna in lacrime. Un amore non corrisposto, e le faceva male.
- no, non era Nico -
- lo spero...quel ragazzo è un poco di buono! - borbottò riprendendo il lavoro - spero bene, non fosse lui!-
- ripeto nonna, non era Nico!-
- allora chi era?- continuò la nonna, curiosa - tanto interessante da lasciarti così sovrapensiero?-
- un uomo sulla trentina...credo - la guardò - oh nonna! Aveva degli occhi blu bellissimi! Sembravano come il mare in tempesta...e poi...- si legò velocemente i capelli - slanciato, un sorriso da....mozzare il fiato...-
- una specie di adone...- le sorrise la nonna.
- un pò all'antica...però -
- all'antica?-
Licia annuì - anche se per iniziare gli sono finita addosso, ed è stato lui a chiedere scusa. Ha usato il baciamano...-
- beh...c'è ancora qualcuno...-
- poi in perfetto francese mi ha detto :" je vouz demande pardon, mademoiselle" -
- mhmm - annuì la nonna, assorta nel suo lavoretto - all'antica e raffinato - sospirò - come dicevo...non ce ne sono più uomini così! -
- già - la guardò - chi usa ancora il baciamano? E' roba da favole secondo me...altri tempi!-
- ti ha detto come si chiama?-
- Louis Marc....credo - si picchiettò sotto il mento - un nome lungo a dire il vero...-
- Licia! - la guardò la nonna, divertita - ma come, ti ricordi perfettamente tutto ed un nome no? - le sorrise bonaria - troppo persa in quegli occhi blu tempesta?- continuò a stuzzicarla.
- ma cosa dici!- arrossì - è il nuovo giornale? - lo prese per cambiare discorso.
- hanno comprato il castello Saint Micael - le disse.
- cosa, quel vecchio maniero? - aprì il giornale - e come mai?-
- la banca voleva demolirlo - continuò la nonna - la solita mancanza di fondi...solo perchè il sindaco si diverte a spendere i " fondi" solo per i suoi divertimenti....-
Licia la guardò un attimo - tanto quel cimelio non funzionava nemmeno come museo! Che sarà mai...-
- il sindaco e i suoi divertimenti! - borbottò - solo per aprire nuovi locali, per andare praticamente a donne ..e poi?Chiuderli dopo nemmeno sei mesi! Ah, gli uomini! -
- ce l'hai con un uomo solo, nonna....-
- essere senza cervello!- agitò il ferro.
- ancora con la vecchia storia?- le sorrise.
La nonna fece finta di niente, stranamente assorta - mettere in "palio" la sua ragazza...idiota!-
- beh nonna, prendila così...- la guardò da sopra le pagine del giornale - se non l'avesse fatto....tra te e il nonno non sarebbe nato niente...no?-
La donna sorrise - dettagli....continua a leggere...-
- chiunque ha comprato il castello, in fondo ci ha fatto un favore...no?- riprese a leggere - sarà di sicuro un vecchio eccentrico pieno di soldi...- un attimo per voltare la pagina, che arrossì di botto.
- Licia, tutto ok?-
- è lui!- esclamò.
- lui chi?-
- il tipo...-
- il vecchio eccentrico?-
- si! No...cioè si...insomma! Il tipo che ho incontrato è lo stesso che ha comprato il castello - le mostrò la pagina di giornale.
Nella foto, il sindaco stringeva come di consueto la mano ad un uomo.
- un adone, Licia...- le sorrise.
Intanto la ragazza leggeva e borbottava - un conte...addirittura....-
- un bell'uomo...-
- si...-bisbigliò, mentre arrossiva e ripensava a quegli occhi blu ed al brivido di quel contatto.
2.
Il continuo rumore meccanico della sveglia, la disturbò. Licia allungò il braccio nel vuoto, tastando fino a trovare la superficie solida del comodino.
Con un gesto automatico mise a tacere il rumore ed aprì lentamente gli occhi.
Voleva crogiolarsi ancora nel letto, al caldo sotto la coperta della nonna, ma l'attendeva una giornata di lavoro. Puntellandosi sui gomiti, si sollevò.Pronta per iniziare.
Camminava svelta, quasi di corsa. Come poteva essere in ritardo? Lei, di solito puntuale come un orologio svizzero.
" Tutta colpa di quegli occhi blu!" pensò.
Nemmeno un'ora prima, l'aveva intravisto al bar mentre beveva il suo solito cappuccino.
Si era soffermata, rapita, a guardarlo. Magari per trovare qualche imperfezione, anche una piccola. Niente. L'uomo in questione era perfetto sotto ogni aspetto.
Poi quasi per noia, aveva gettato lo sguardo sull'orologio al suo polso notando solo in quel momento del ritardo.
Si era alzata, aveva pagato in fretta ed era uscita dal bar. Combattendo l'insana voglia di mollare tutto e riprendere a guardarlo.
Qualche attimo dopo, se l'era ritrovato davanti agli occhi.
- mademoiselle - le aveva sorriso - ci si rivede -
- eh?- emise imbambolata.
Possibile che facesse la figura della scema, davanti a lui?
- oh...buongiorno anche a lei conte - aveva risposto spontanea.
- conte? oh mon dieu!- le aveva sorriso apertamente - Mi chiami solo Louis - continuando guardandola.
- d'accordo Louis...- aveva detto notando solo in quel momento, quanto la voce di lui fosse suadente, persuasiva - mi dispiace...devo andare...-
- mademoiselle, dagli incontri per caso...o voluti dal destino..- aveva detto guardandola negli occhi- non si fugge -
Il cuore aveva perso un battito o due, prima di riprendere normalmente. Licia, non seppe dirlo.
- devo..devo andare - si era allontanata veloce.
Sentendo lo sguardo di lui che la seguiva.
Ed ora camminava veloce, sforzando le gambe e sentendo di tanto in tanto una fitta al fianco. Un attimo dopo valcò la soglia dell'agenzia di catering dove lavorava.
La ragazza al suo fianco la scosse un pò, per l'ennesima volta.
- Licia - la guardò - Licia, il capo ti sta chiamando...-
- eh?- guardò la collega.
Una ragazza con i capelli rosso fuoco, una serie di lentiggini sul viso e due occhi verde smeraldo. In quel momento le passava una mano davanti al viso - ho detto che il capo ti sta chiamando - la spinse verso il corridoio - muoviti -
- ok...-
Bussò ad una porta di vetro opaco, e dopo aver ricevuto conferma, entrò nella stanza.
Seduto, su una sedia girevole dallo schienale confortevole, dietro ad una scrivania molto moderna c'era il suo capo. Un uomo brizzolato, con un'aspetto abbastanza giovane nonostante i suoi cinquant'anni di età.
In quel momento abbracciava, per la vita, una donna molto più giovane di lui.
" una donna diversa..." pensò Licia " di nuovo " la guardò, ad una prima occhiata sembrava avesse almeno vent'anni di meno di lui.
Vero che la vita del suo capo non la dovesse minimamente interessare; com'era vero che il suo capo era un uomo, divorziato da anni ormai, e come uomo aveva le sue esigenze.
Ma ostentare una donna diversa ogni volta, e per di più molto somigliante all'ex moglie era tutto dire. Si vedeva che ne era ancora innamorato perso.
La voce dell'uomo la distolse - bene, eccoti qui...-
- mi hai chiamata...no?-
- ebbene si...- la guardò - non possiamo e non dobbiamo assolutamente perdere questo nuovo cliente - continuò a guardarla fissa, passandosi poi una mano tra i capelli - considerando che non bada a spese...-
- il cliente?-
- il conte , ovvio!-
Licia si trattenne dallo stupirsi." ma porca..." pensò e poco dopo le vennero in mente le parole del conte " dagli incontri per caso, o voluti dal destino non si fugge".
Sospirò, " a quanto pare no" pensò.
- Licia, mi ascolti?-
- certo -
- il conte deve organizzare una cena molto importante - le disse - e tu sei la migliore del campo...oltre al fatto che ha chiesto, esclusivamente, di te -
- capito -
- beh,che ci fai ancora qui?! vai!-
La ragazza annuì e come in trance, uscì dall'ufficio.
Un attimo dopo era accerchiata dalle colleghe.
- allora?- la ragazza con i capelli rossi le si era avvicinata.
- cosa, Jennifer?-
- cosa voleva?-
- affidarmi il solito incarico...- divagò - niente di che -
- dai, hai una faccia!-
- ok....e poi basta con le domande - la guardò.
- ok -
- per rivolgersi alla nostra agenzia, e chiedere di te...- iniziò una biondina con gli occhiali - dev'essere senza dubbio uno pieno di soldi -
- donna o uomo?- chiese Jennifer.
- uomo -
- chi?- la pregò.
Licia sorrise, tenere sulle spine Jennifer le piaceva da matti.
- un uomo ricco -
- dai - congiunse le mani - ti prego, ti prego!-
- e la smetti?-
- giuro -
- il conte...- disse noncurante.
Ovviamente l'espressione stupita della ragazza non la toccò affatto, come non la toccarono le occhiate invidiose e smaliziate delle altre.
- il conte?- la biondina con gli occhiali, scivolò quasi dalla sedia - scherzi?-
- no -
- no, dillo seriamente Licia...- una castana tutta curve, molto affabile con lei , le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle - stai scherzando...vero?-
- no, Antonella -
Il labbro di Antonella divenne tremulo, e poco dopo gli occhi le divennero lucidi.
- non ti metterai a piangere!-
- ma è un uomo bellissimo...Così bello! Affascinante...- iniziò a dire - il capo...è....ti ha affidato un adone simile!Non è giusto!!!- piagnucolò.
- dai Anto...- sorrise.
Antonella e Jennifer erano le due che sopportava di più, a dispetto delle altre.
- chissà che carta hai giocato! - disse invidiosa una moretta con una camicia scollata, e ben truccata.
- beh, Elena non sono andata a letto con il capo....se vuoi saperlo!- la provocò.
Sapevano tutte che Elena era una che andava con chiunque pur di ottenere qualcosa.
Elena si allontanò stizzita, provocando un fastidioso ticchettio con i tacchi alti mentre camminava.
- cosa c'è Jen?-
- non puoi andare vestita così...-
- ha ragione - fece eco Antonella.
- ma dai...è solo un incontro di lavoro...- sbuffò.
- gonna e giacchetta - ordinarono perentorie.
- e poi posso tornare in jeans e felpa?-
- si si ...- divagò Jen con un gesto della mano.
- bene - emise sollevata, mentre il viso del conte le appariva più nitido che mai e le diceva " non si fugge, mademoiselle".
3.
Infine era giunta a destinazione. Si soffermò un attimo , sospirando e guardandosi. La giacchetta verdeacqua e la gonna abbinata, non le stavano tanto male...ma quelle decolletè nere con il tacco, le davano tutta un'altra aria. Non che lei non le portasse sia chiaro...ma era una ragazza da scarpe da tennis. Ecco tutto.
Sospirò nuovamente, passandosi nervosa la mano tra i capelli neri e rimase ferma davanti al cancello di ferro battuto, finemente intarsiato, guardando come se fosse la prima volta l'imponente maniero.
La facciata era in ottimo stato. " strano" pensò " sapevo che era da restaurare ancora...forse è molto efficiente". Continuò a far percorrere lo sguardo, riportando alla memoria ciò che aveva letto nella biblioteca del paese, per le ricerche della scuola.
Il maniero, in realtà un castello, era di origine normanna. Nato, subito come " corte" per i signorotti della zona, venne trasformato più avanti in un avamposto di difesa. Ancora più in avanti , negli anni , ritrasformato in corte per i nobili.
In una sala ricevimenti, in una scuola privata, ed infine in museo. Fino a quando per mancanza di fondi, era stato comprato dal conte.
Al momento, Licia, notava solo due dei quattro bastioni d'angolo; le finestre erano in stile gotico,apparivano un pò tetre e si affacciavano sul cortile interno.
Le grandi porte d'entrata, di cui le laterali chiuse e la centrale aperta, errano in legno lavorato, con i bassorilievi leggermente consunti dal tempo.
Fu, continuando con lo sguardo che lo vide. Il conte a qualche passo da lei.
Un uomo , in una elegante divisa le aprì il cancello - prego, mademoiselle - le disse.
- grazie -
- Claude, prepara il thè...nella sala....- gli disse con un cenno deciso, poi rivolse gli occhi verso di lei - prego, entri...-
Licia valcò la soglia del cancello, sentendosi osservata. Lo cacciò subito via, era lì per lavoro. Solo per un lavoro.
- come detto...- il conte le si era avvicinato senza che se ne accorgesse - dagli incontri voluti dal destino....- posò la punta delle labbra sul dorso della mano - non si fugge, mademoiselle -sorrise.
- la rivedo con piacere, conte -
- Louis - la guardò, lasciandole la mano ed affiancandola appena, mentre varcavano la soglia principale - Louis...conte è troppo formale - la guardò ancora.
- Licia - rispose - mademoiselle è troppo formale -ripetè guardandolo e cercando si sostenerne lo sguardo, evitando di perdersi in quegli occhi blu tempesta.
L'uomo le sorrise - Licia - disse con un cenno, prima di guidarla dentro al castello.
L'interno, era stupendo come ogni castello che si rispetti. La corte , principale e più grande aveva la volta a crociera; interrotta soltanto da lampadari di cristallo lavorato, tenuti sospesi da catene fini e resistenti.
Al centro una balconata, ove vi si accedeva tramite due rampe di scale di marmo una per lato; entrambe attraversate da tappeti di velluto rosso scuro.
Una serie di armature, lucide e ritte, poste vicino alle porte di ogni stanza quasi fossero lì a far la guardaia al sonno indisturbato degli ospiti.
Alle pareti, dipinti maestosi, opere di grandi maestri del rinascimento italiano.
I pavimenti su cui camminava, notò, di marmo lucido interrotti a tratti da pesanti tappeti persiani, finemente lavorati. Le stanze enormi e tutte con le volte a crociera arredate con cura; le finestre gotiche, appena celate da pesanti tendaggi scuri.
- ha restaurato in fretta - azzardò lei.
- mi sono avvalso di uomini veloci -la guardò appena,continuando a camminare - e non ho paura di sporcarmi le mani...se capisce -
- capisco -
Lo seguì in un'altra stanza ,enorme, forse quanto o più della corte principale. Ai muri, dipinti di natura morta e paesaggi. Al centro, l'attravversava una lunga tavolata di mogano lucido.
- suppongo sia questa, la sala dove risiederà la cena - disse , gettando un'occhiata veloce.
Non voleva soffermarsi troppo sulla figura del conte.
- suppone giusto - la precedette appena, scostando poi galantemente una sedia per farla accomodare.
Poi le sedette, elegantemente, di fronte. Rimanendo in silenziosa attesa, mentre Claude si facesse vivo con il thè.
Un attimo prima che iniziasse con una domanda, Claude entrò nella stanza seguito da due cameriere in divisa. Posarono il vassoio, e le tazze fumanti davanti a loro e si allontanarono in silenzio.
- mercì Claude - gli disse lui.
Con un inchino ossequioso, il servo si dileguò.
Dopo aver consumato il thè, si erano messi a parlare. Trascinando la conversazione sul lavoro da svolgere. Ma le riusciva difficile, non incontrare lo sguardo penetrante e profondo del suo interlocutore. Così, si soffermò ancora una volta per guardarlo senza insistenza. Voleva , a tutti costi chissà perchè, trovargli un imperfezione. Niente.
- a tal proposito - la voce dell'uomo la distolse - vorrei invitarla alla cena, mademoiselle - la guardò ancora una volta.
- declino, purtroppo - abbassò lo sguardo un attimo - ma devo stare dietro le quinte, ed assicurarmi che proceda come stabilito. -
- capisco - disse rammaricato - gradirei, molto volentieri la sua compagnia -
- se mi è permesso...potrei sapere il perchè?-
Già che volesse lei per quell'incarico era troppo, volerla a cena poi!
- ha tutto il diritto di chiederlo, mademoiselle - disse con un cenno del capo - è una noiosa cena d'affari...e la sua presenza,lo ammetto, mi sarebbe...d'aiuto -
- diversivo, direi...- lo guardò - ma declino,come già detto. Le procurerei distrazione, ed i suoi affari ne risentirebbero - disse sicura.
- vuol dire che troverò, certamente, una qualunque scusa per scendere nelle cucine - sorrise bonario e divertito - o la distrarrei?-
- potrei trovare, nascosta nella scusante, una nota di mancanza di fiducia...- disse senza pensarci - ma..visto che è lei il padrone...chiuderò un occhio -
- oh mon dieu! Lungi da me, mademoiselle, provocarla... e le chiedo umilmente perdono - le baciò la mano - posso sperarlo?- chiese stranamente titubante.
- vedremo - si alzò, seguita dall'uomo.
- mademoiselle, sarei veramente contrariato, se non lo facesse - l'affiancò accompagnadola nel lungo corridoio - vorrei comunque, averla a cena - la guardò - fuori dall'ambito lavorativo, sia ben chiaro...-
- conte, potrebbe non essere soddisfatto del mio lavoro - lo guardò - a che pro, prendere degli impegni futuri?-
Erano vicini al cancello, tenuto aperto da Claude impeccabile e retto.
- non dubito delle sue capacità - disse sicuro guardandola negli occhi.
- devo andare, ora...- si allontanò appena.
Quando quell'uomo la guardava perdeva il battito del cuore, non poteva e non doveva permetterselo. In primis: era il suo momentaneo contratto di lavoro; in secundis: era un bell'uomo, ergo chissà quante donne aveva per i suoi piaceri o se ne amava qualcuna.
- mademoiselle, l'ho turbata per caso?-
- oh no...- sorrise -devo andare, veramente -
- allora ci vedremo per la cena...- le prese la mano e la baciò.
Licia rabbrividì nuovamente, provando piacere in quel contatto ormai abitudinario, mentre una voce nella sua testa, nitida le diceva : "sarai mia!". Notò uno strano luccicchio negli occhi del conte, e quel sorriso perennemente seducente nell'insieme la misero in allarme.
Li cacciò infastidita, trascinata dal fascino che quell'uomo emanava.
Ormai, era alla sua totale mercè.
Quella notte, nel suo letto caldo ed il capo sprofondato nel cuscino, il viso del conte non spariva dai suoi pensieri. Il modo in cui la guardava, o le sorrideva. Il tono seducente e persuasivo della voce; il tocco delle labbra sulla sua mano che le provocavano brividi piacevoli.
Si toccò il viso, sentendoselo bollente e non dovette nemmeno posare la mano sul cuore per la conferma. Batteva così forte contro la gabbia toracica che sembrava volesse uscirne.
Poi quelle parole " sarai mia" che esplodevano di continuo.
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