lunedì 5 dicembre 2011

Morgana, La regina della Magia



I passi sono tratti dal libro “Le nebbie di Avalon” di Marion Zimmer Bradley.

Ai miei tempi sono stata chiamata in molti modi: sorella, amante, sacerdotessa. Ora, in verità, sono una maga e forse verrà un giorno in cui queste cose dovranno essere conosciute. Ma credo che saranno i cristiani a narrare l’ultima storia. Il mondo della Magia si allontana sempre di più dal mondo dove regna il Cristo.

Artù aveva tre sorellastre, tutte figlie di Lady Igraine, la donna con cui suo padre, Re Uther di Pendragon, aveva giaciuto grazie a un incantesimo di Merlino, assumendo con la magia l’aspetto del marito, il duca Gorlois di Cornovaglia.
La storia di Morgana è stata narrata in varie versioni, ma in tutte si dice che il suo soprannome fosse “la fata” perché si credeva, avesse poteri magici.
Alcune versioni sostengono che Morgana imparò le arti magiche chiusa in un convento, altre che sia stata istruita invece dallo stesso Merlino.
Morgana conosceva i rimedi per ogni malattia, sapeva interpretare le stelle e riusciva a trasformarsi in un corvo.

Credo che il mio primo vero ricordo sia stato il matrimonio tra mia madre e Uther di Pendragon. Ricordo poco mio padre. Quando ero bambina ed ero triste perché mia madre o i miei maestri mi rimproveravano o perché Uther, raramente, si accorgeva di me, mi consolavo pensando che se mio padre fosse stato vivo mi avrebbe presa sulle ginocchia e mi avrebbe portato doni e gingilli. Ora so che uomo era, e penso che probabilmente mi avrebbe spedita in un convento non appena avessi avuto un fratello, e non avrebbe pensato più a me.

Morgana arrivò a Camelot assieme al marito, Urien di Gorre e si tenne in disparte dalla frivola vita di corte: sebbene fosse una donna bellissima, preferiva la solitudine e la compagnia dei suoi corvi.
L’inimicizia tra Morgana e la regina Ginevra era palese: Morgana godeva di innumerevoli amanti e quando Ginevra la scoprì con il cavaliere Guiomar, la fata le rispose con un sorriso allusivo, come a indicare che ben presto anche Ginevra si sarebbe trovata nella sua stessa situazione con Sir Lancillotto.

Più difficili erano le piccole magie che obbligavano la mente a percorrere vie sconosciute. Evocare il fuoco a comando, chiamare le nebbie, portare la pioggia… era semplice, ma non lo era comprendere quando era giusto farlo e quando era opportuno lasciarlo decidere agli dei. E c’erano altre lezioni: la conoscenza delle erbe e dell’arte della guarigione, i lunghi canti che non potevano essere scritti. Alcune lezioni erano una gioia; altre erano terrore.

Sebbene alcune leggende sostengano che Morgana fosse una donna infida e temibile, altre confermano che fosse dovuto alla mancanza di amore e alla solitudine: il patrigno re Uther, amava di più Artù come suo erede, e a Camelot la maggior parte dei sudditi elogiava le virtù di Ginevra. I dibattiti esoterici con Merlino furono innumerevoli, dopo che Morgana divenne la più grande fattucchiera mai esistita.
Forse per la sua capacità di sapersi imporre in un mondo governato dagli uomini, Morgana venne più volte denigrata nelle storie tramandate su Camelot, ma rimase comunque nella leggenda.
Artù morì nella battaglia contro Mordred, il figlio illegittimo avuto con Morgause la sorella maggiore di Morgana, il quale voleva usurpare il trono di Camelot.
Morgana lo raggiunse, e Artù morì tra le braccia della sorellastra.

«Sei davvero tu» mormorò. «Sei tu, Morgana… sei tornata da me... e sei così giovane e bella… vedrò sempre la Dea con il tuo viso… Morgana, non mi lascerai più, vero?»
«Non ti lascerò mai più, fratello mio, bambino mio, mio amore» mormorai, e gli baciai gli occhi. E morì, mentre le nebbie s’innalzavano e il sole splendeva sulle rive di Avalon.

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